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di Sonia Schoonejans - Da quando ha lasciato l’Europa per fare ritorno negli Stati Uniti, nello stato del Vermont che ama tanto, e non è più direttore di una compagnia grande o piccola, William Forsythe (72 anni) ha riscoperto un certo gusto per la libertà: crea come e quando vuole e per chi vuole.
È finalmente tornato ad essere il coreografo “free lance” più richiesto, invitato dalle più grandi compagnie di balletto del mondo – il Ballet de l’Opera de Paris, l’English National Ballet, il Semperoper di Dresda, la Scala di Milano, il San Francisco Ballet, il New York City Ballet, e la Biennale di Venezia…
lo scorso autunno l’Opera di Lione gli ha dedicato una intera serata, intitolata appunto “Carte Blanche à William Forsythe”; e recentemente è andato a Londra a creare per i danzatori dell’English National Ballet.
Questa nuova fase della sua vita corrisponde a un cambio nel suo mondo creativo, con un ritorno ai primi amori, al balletto nella sua forma più pura, che conosce bene e che continua ad esplorare con entusiasmo. Non che avesse abbandonato quell’estetica fatta di forme, anzi - come lui stesso accenna - “la grammatica della danza accademica è eterna, bisogna soltanto saperne far uso”; ma anche lui ha dovuto, nel corso del suo lavoro creativo, partecipare alla contemporaneità coreografica, e il suo modo speciale di appartenervi è stato quello di decostruire ciò che l’aveva formato. E lo ha fatto in modo magistrale e interessantissimo per noi, frammentando la visione, il ritmo, il discorso coreografici, e « destrutturando » l’insieme dei codici dello spettacolo di danza.
Artifact nel 1983, Impressing The Czar nel 1988 e The Loss of Small Détails nel 1991 restano dei capolavori di riflessione sulle origini del balletto, sulla sua idea estetica e sui suoi modi di rappresentazione.
In precedenza, Forsythe si era già cimentato, in vena piuttosto ironica, con una riflessione dialettica sull’eredità della danza classica nella pièce France/Danse che sottoponeva i riferimenti e i simboli della civiltà occidentale all’instabilità di un ‘tapis roulant’
: Investigando la danza accademica, ha rovesciato in un colpo le barriere tra la tradizione e l’innovazione. Non era più possibile contrapporre il balletto al contemporaneo, gettando alle ortiche il primo in nome del secondo. All’epoca, formulava così la sua proccupazione: «Ciò che mi interessa è l’archeologia del movimento, non il movimento stesso. Il detrito, lo strato invisibile e ciò che si diffonde intorno. Destabilizzare, decentrare, è su questo che lavoro».
Oggi, questo suo proposito prende vie diverse. Forsythe attinge alla tradizione ma senza concettualizzare troppo, senza chiedere soccorso, come fanno alcuni, alle teorie di filosofi come Jacques Derrida, Roland Barthes, Michel Foucault. L’unico senso che oggi vuol dare alla sua danza sta nella composizione coreografica in se stessa; e anche se la sua passione di indagare ogni figura, ogni posizione della danza classica, rimane uguale, è per il gusto di comporre e scomporre tale figura in diverse maniere, in modo da generare innumerevoli passi partendo da un minimo di materiale, senza altro scopo che quello di creare nuova danza.
Questo è ciò che ha espresso in diverse recenti interviste: «Non penso a ciò che la danza esprime. Penso solo al movimento, anche se dedico una parte delle mie riflessioni al contesto nel quale immergo la danza».
Ne sono prova i due lavori presentati al Sadler’s Wells: in Blake Works 1 e Playlist (EP): Forsythe utilizza qui le figure e i passi tradizionali del balletto su una musica pop contemporanea. E questo « mette l’orecchio nell’occhio » tanto è forte l’impressione che sia il corpo che canta.
A vedere le sue ultime creazioni, non si può non essere meravigliati dalla freschezza dell’ispirazione, dalla sua profonda conoscenza della meccanica del corpo nella danza classica, dalle nuove combinazioni di passi e dal clima di generosa partecipazione che sa instaurare tra gli interpreti. I danzatori infatti percepiscono tutto questo e scoprono le possibilità rimaste nascoste fino a quando il coreografo non le ha indicate loro. E danzano con un virtuosismo che si può dire festoso. L’off balance che provoca disequilibri insensati, gli stiramenti all’estremo, la velocità dei cambiamenti di direzione, le pirouettes a una rapidità incredibile, insomma tutto ciò che esige lo stile Forsythiano, sembra diventare puro piacere, grazie anche al rapporto attento e generoso del coreografo con i suoi danzatori.
Questa gioia di danzare in tecnica di base « classica » che Forsythe condivide con i suoi interpreti, la vuole comunicare anche al pubblico e avvicinarlo così al balletto.
« I want people to look forward to ballet, not endure it (vorrei un pubblico che desideri vedere il balletto, non che lo sopporti) – dichiara lui stesso. Ci riuscirà?. In ogni caso, se si volesse definire qualcuno un successore nostro contemporaneo di George Balanchine, non ci sarebbe alcun dubbio, sarebbe William Forsythe.
Dopo esser vissuto a New York, a Stoccarda, a Francoforte, a Dresda e aver viaggiato in innumerevoli tournées in tutto il mondo, Forsythe ha trovato un porto dove mettere radici. «Non sono mai rimasto così a lungo nello stesso posto, sono molto contento di non essere sempre in viaggio».
Da questa casa comprata negli anni ’90 nel Vermont («uno dei più bei luoghi che io conosco») dove vive con la moglie attuale, l’ex danzatrice Dana Caspersen, il coreografo può seguire le sorti dei suoi lavori principali che continuano a essere danzati in tutto il mondo, come il celebre In The Middle Somewhat Elevated creato per il Balletto dell’Opéra di Parigi ai tempi in cui Rudolf Nureyev era direttore e che diede l’occasione a giovani speranze di allora, tra cui Sylvie Guillem e Laurent Hilaire, di avviare la loro carriera di étoiles.
S.S.
Serata a Londra
Blake Works I – cor., scene e cost. William Forsythe, mus. James Blake; Playlist(EP) – cor. William Forsythe, mus. varie ; English National Ballet.
Londra, Sadler’s Wells
C’é la danza e vi é anche il contesto in cui si inserisce. Quanto può incidere il contesto su di essa? William Forsythe sembra essere molto sensibile a ciò che circonda la danza e può darle un senso diverso, che siano le luci che sublimano i corpi, la scenografia, i costumi o la musica.
Nel recente spettacolo The Forsythe Evening proposto dall’English National Ballet al Sadler’s Wells di Londra, il coreografo americano, come abbiamo detto più sopra, utilizza il vocabolario della danza classica più autentica, ma su una base musicale pop.
La prima parte è un lavoro creato inizialmente nel 2016 per le Balletto dell’Opéra di Parigi, su musiche tratte dall’album The Colour in Anything del cantante e compositore James Blake; la seconda parte invece, intitolata Playlist( EP), è su musiche pop di Natalie Cole e Lion Babe.
Playlist (EP) è una rivisitazione della coreografia creata nel 2018 per i danzatori dell’ENB, alla quale Forsythe ha aggiunto parti nuove destinate principalmente alle danzatrici. La musica si presta perfettamente ai giri deliranti, ai cambi di direzione, ai volteggi sorprendenti, alle rapide petites batteries riservate alle ragazze, mentre i ragazzi, sfidando la gravità, attraversano la scena come lampi in successione
Anche le danze di gruppo sono notevoli: servendosi dei contrattempi musicali e della esuberante dinamica, la coreografia ampia ricorda a tratti Twyla Tharp o Jérome Robbins. Alcuni duetti sembrano sottolineare la finezza delle linee della danzatrice e il vigore del suo partner, entrambi impegnati in estensioni che sembrano senza fine. Tutto è al tempo stesso sottile e vigoroso, ed esige anche una notevole resistenza.
Tra l’interpretazione di Blake Works I alla creazione nel 2016 e quella di oggi da parte dei danzatori dell’English National Ballet, le differenze sono notevoli. L’eleganza della compagnia dell’Opéra di Parigi è compensata ora da un vigore atletico e da una maniera riuscita di buttarsi nella mischia, soprattutto da parte maschile, mentre le donne hanno degli accenti nelle punte che dinamizzano l’insieme.
Poche volte abbiamo visto un balletto somigliare tanto a una festa disco. Ma era la volontà precisa di Forsythe, che ha detto : «Bisogna ricordare che il balletto in origine era legato alle feste, alle celebrazioni. Volevo fare una celebrazione del nostro tempo.»
Sonia Schoonejans - BALLET2000 n° 290 - giugno 2022